Cronaca
1 Dic 2015

Elena Ceste e Michele Buoninconti: le casalinghe sono libere? O sono schiave?

tratto da internet

Condannato in primo grado a 30 anni di reclusione per l’omicidio della moglie  Elena Ceste, madre dei suoi 4 figli di 6,9,11 e 14 anni, ,avvenuto a Costigliole d’Asti, Michele Buoninconti si dichiara innocente. Per la giustizia è,invece, al momento, l’assassino. I successivi gradi di giudizio confermeranno o annulleranno questa  condanna.

Michele Buoninconti è stato anche condannato al risarcimento : ai figli, 300.000 euro ciascuno, ai genitori e alla sorella di Elena Ceste, 180.000 euro ciascuno.

Ho parlato spesso di questa storia così triste in televisione a “Vita in diretta” e “Mattino 5”. E ogni volta ho cercato di capire cosa ci insegna questa tragedia.

Perché c’è una frase, registrata da cimici, che Michele Buoninconti dice ai figli lo scorso agosto, mentre sono in macchina insieme, parlando della loro mamma. “Ero riuscito a far diventare mamma una donna, 18 anni della mia vita per recuperarla, 18 anni per raddrizzare mamma. Vai a capire che cosa ha visto»

.«Nell’odio maturato verso una donna alla quale pensava di aver offerto una famiglia, una casa, la dignità del proprio lavoro e dalla quale era stato ripagato, secondo la sua visione, con vergogna e mortificazione» scrive  sulla genesi di questo omicidio il giudice Giacomo Marson sintetizzando un anno di lavoro degli inquirenti di Asti che attribuiscono grande importanza ai profili comportamentali dei due coniugi: la trentasettenne casalinga Elena Ceste e il quarantaquattrenne vigile del fuoco Michele Buoninconti.

Elena Ceste era una casalinga.

casalinga.
Faceva il suo lavoro di moglie e di mamma con dedizione e con sacrificio. In completa solitudine. La solitudine delle casalinghe. la solitudine che è un tabù. La solitudine di cui guai a parlarne.

Come risulta dalle indagini, a un certo punto ,Elena Ceste si è sentita soffocare. Si è sentita morire,nel silenzio, nella indifferenza. Nella solitudine.  E ha cercato aria per respirare nell’unico luogo dove poteva: internet. ha cominciato a ricercare i vecchi amici, ha riallacciato rapporti. Si è comportata, come era suo pieno diritto, da donna libera.

Forse è questo che Michele Buoninconti non ha saputo sopportare. Che la madre dei suoi figli agisse liberamente. Che gestisse la sua vita come voleva.

E allora io mi domando: quante casalinghe sono nella situazione della povera Elena Ceste? Perché avere un lavoro fuori casa è in sé una garanzia di libertà personale. ma lavorare DENTRO CASA forse non sempre lo è.

 

 


Di Antonella Boralevi
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